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WADI: depuratore di acqua che agisce con l’energia solare

Acqua

Quante volte si è parlato dell’importanza dell’acqua e di conseguenza, del risparmio idrico. L’acqua è un elemento essenziale che però molte volte viene sprecato a causa di cattive abitudini e disattenzioni.

A risolvere questo problema ci ha pensato l’azienda Helioz sviluppando uno specifico dispositivo, chiamato WADI, il cui scopo è quello di depurare l’acqua grazie all’energia solare.

L’idea principale è quella di trovare una soluzione per portare acqua potabile alle persone che vivono nei paesi in via di sviluppo, in cui il problema fondamentale è il reperimento di acqua senza percorrere lunghi tragitti a piedi.

L’azienda Helioz ha cercato di progettare un dispositivo che fosse economico, utile, resistente e di semplice applicazione.

La particolarità di WADI risiede nella capacità di rilevare e calcolare l’intensità dei raggi solari (UV) dell’acqua di depurazione. Il responso viene mostrato sul display, informando l’utilizzatore se l’acqua può essere bevuta in totale sicurezza.

Come avviene il processo di analisi?

Grazie all’utilizzo di una bottiglia, senza l’impiego di prodotti chimici, batterie o filtri, con il metodo Sodis (solar water disinfection) si può purificare l’acqua contaminata. I raggi del sole vengono impiegati per neutralizzare i germi come virus, batteri e parassiti.

Utile, economico e facile da usare

Si può utilizzare e condividere con più persone, grazie alla simultaneità di utilizzo ed è dotato di una simbologia internazionalmente comprensibile. In termini pratici occorre riempire una bottiglia trasparente, pulita e senza etichette, con l’acqua che si ritiene contaminata ed esporla alla luce del sole per un determinato lasso di tempo. La durata d’esposizione varia a seconda dell’intensità dei raggi UV.

Alcuni istituti tra i quali l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) di Zurigo consiglia un’esposizione solare di circa 6 ore. Altri studi sono già stati avviati al fine di ridurre questa tempistica.

Secondo una prima stima questo dispositivo, già testato in India e in Africa, potrebbe riuscire a salvare circa 400 mila vite all’anno.