Uno screening può essere utile per avere qualche indicazione sulla eventuale presenza di disturbi specifici dell’apprendimento. Quando nei bambini si riscontra qualcosa di sospetto, allora, effettuare un test specifico potrebbe rivelarsi una mossa azzeccata.
Ad affermarlo è l’AID – Associazione Italiana Dislessia – che sottolinea subito un importante aspetto: il test di screening non corrisponde a una diagnosi effettiva che è una cosa ben diversa, frutto di uno studio complessivo molto più approfondito. Sul sito ufficiale, ecco una descrizione accurata di screening confezionata dai dottori A. Paoletti e G. Stella nel manuale Indici qualitativi di rischio negli screening sui disturbi specifici di apprendimento, per capire in quali casi il test può essere utile:
Con il termine screening si intende una metodologia di rilevazione che è in grado di predire un disturbo sulla base della presenza di un segno critico selezionato in precedenza (test predittivo)… Lo screening non ha le pretese di evidenziare in modo inequivocabile un disturbo, ma di individuare, con buon livello di attendibilità, i soggetti a rischio di un determinato disturbo. Non si tratta di effettuare una diagnosi, ma piuttosto di indirizzare ad uno studio diagnostico una popolazione che presenta alcuni indici caratterizzanti. Per essere efficace un test di screening deve essere semplice, rapido da somministrare e poco costoso, sia in termini di strumentazione che di impiego di risorse specialistiche
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